Turbino giudice (regolo) di Cagliari accorda ai Pisani franchigia dai dazi d’inverno e di estate, e del sale nei suoi Stati, affinché gli serbino amicizia, e non facciano macchinazioni contro la sua persona e il suo regno (1).
(1104 (stil. pis.)…maggio)
Dal Muratori, Antiquit. Ital., tom. II, Dissert. XXXII, col. 1055, 1056.
In nomine Patris et Filii et Spiritus Santi. Amen. Ego Turbini, omnipotentis Dei gratia Judex Kalaritanus, dono, concedo et in perpetuum trado Pisanis carissimis amicis nostris Toloneum de hyberno et de aestate et de sale (2) ut habeant benedictum a Deo et a nobis. Ita tamen ut populus Pisanus sit amicus mihi et regno meo, et non offendat studiose neque me, neque regnum meum. Hujus nostrae donationis in primis testis est Deus, deinde Gonnari donnicellus, et Petrus, et Marianus donnicelli, et Torchitore similiter (3), et Arzocoor de Carcaso, Curatore de Ciutta (4), et Cumita de Gonnale, et Zerchis de Rovo, et Orzocor de Rovo, et Costantine de Rovo. Et cum bona voluntate aliorum parentum nostrorum (5), et totius populi mei hoc feci. Hic etiam interfuerunt de Pisanis (6), Petrus filius Albizzi, et Ughiccione filius Uberti, et Leo de Babilonia, et Wido Cantarello, et Tebaldinus, et Gerardus filius Petri, et Alcherius, et Gerardus Pandulfi, et Rodulfinus, et alii plures. Anno Dominice Incarnationis millesimo centesimo quarto, in mense Majo, Indictione XI.
† Ego Turbini Dei gratia Judex in hac carta subscripsi.
NOTE
(1) Turbino era figlio di Arzone e di Vera regoli cagliaritani. Dopo la morte di suo fratello primogenito Costantino I; accadeva circa il 1103; usurpò il regno al di lui figlio Torchitorio II. Per raffermarsi nella usurpazione, fece al Comune pisano la presente concessione, ed alla Chiesa maggiore di Pisa la donazione contenuta nel diploma seguente II. Ma quattro anni dopo, il suo nipote Torchitorio rivendicò i proprii dritti, e ricuperò il regno, riammise Turbino nella sua grazia, e lo ritenne nella sua corte. Nel 1114 Turbino andò a guerreggiare co’ Pisani nelle Isole Baleari: a lui si riferiscono i seguenti versi di Lorenzo da Varna: – Istic Dubitinus pisanis associatur, Qui quondam regnum censebat calaritanum. Egli viveva ancora nel 1129 sotto il regno di Costantino II di Cagliari. (Ved. Tola, Dizion. biogr. dei Sardi illustri, vol. III, pag. 263).
(2) Toloneum, lo stesso che tolloneum, toleneum, teloneum e theloneum. Con questi, ed altri somiglianti nomi, è chiamato nelle antiche carte un tributo, o dazio che si solea pagare dai mercatanti. Tale denominazione derivò dalla parola telo, che significa il luogo in cui si esigeva l’indicato tributo, come ricavasi da una bolla di papa Alessandro III del 1117, e da una carta di Pietro arcivescovo di Seus del 1202; e perciò gli esattori di questo dazio erano appellati tolonearii, come ne fa fede un istrumento dello stesso citato anno 1202, che fu sottoscritto da Oddone vescovo di Parigi, e da Giovanni abate di S.a Genewieffa, ed è riportato nel tomo VII della Gallia christiana, col. 227. – L’antico anonimo del Gloss. Bibl. MS. esistente nella Reale Biblioteca di Francia scrive: Theloneum dicitur ubi merces navium et nuutarum emolumenta redduntur: ibi enim vectigalium exactor sedet, pretium rebus impositurus. Oltre a questo teloneo, che potea dirsi marino, vi era pure il theloneum de terra, che si pagava pe’ prodotti del suolo non provenienti dalla mercatura, e trovasi pure indicato in altre carte col nome di tolneum e di toleneum. Dalla definizione testè allegata del glossista francese (Ved. Dufresne, e Du Cange, Glossar. med. et infim. latinit., tom. VI, col. 1167-68, edit. paris., 1733, e Carpentier, Supplem. , tom. II, col. 969-70) sembra potersi inferire, che il toloneo conteneva in sostanza due dritti, cioè il dazio che si pagava per la merce, o pel prodotto, e il dazio sul prezzo che s’imponeva alle merci, o ai prodotti medesimi: forse anche questo prezzo, ed avvaloramento serviva di base per stabilire il quantitativo del dazio. Nel presente diploma, siccome la franchigia del toloneo accordata ai Pisani si chiama toloneo di estate e d’inverno, e del sale, pare probabile che consistesse in un dritto fisso, i quali i mercatanti dovessero pagare nelle due indicate stagioni dell’anno per le merci che importavano da oltremare negli stati del regolo concedente, ed in un dazio determinato per la esportazione del sale dagli stati medesimi; e sopra ciò nel pagamento di una qualche tassa, onde poter stabilire i loro banchi o botteghe per la compra e per la vendita giornaliera. Le concessioni, che a titolo di favore si leggono fatte in alcuni diplomi dei regoli, specialmente di Arborea, ai Pisani, ai Genovesi, di poter stabilir case nel porto di Oristano, mi conducono a quest’ultima opinione.
(3) Et Torchitore similiter, cioè ancor egli, come i precedenti, donnicellus. – Sebbene la parola donnicellus sia usata talvolta in vario significato, generalmente però è applicata in modo qualificativo dalle antiche carte e diplomi ai figli ed alle figlie dei principi, magnati, baroni, ed altri illustri personaggi, che abbiano stato e dominio, nel qual senso è il diminutivo della parola donnus (signore) colla quale soleano essere appellati coloro ch’erano rivestiti di attuale potere e dominio principesco (Ved. Dufresne e Du Cange, oper. cit., tom. II, col. 1589-90-91, e 1606, e Carpentier, Supplem. cit., tom. II, col. 139). Nei diplomi sardi del medio evo la parola donnicellus e donnicella è usata con maggiore larghezza, giacché colla medesima sono qualificati spesso, non solo i figli e le figlie, ma eziandio i fratelli, le sorelle, li zii e nipoti, e gli altri agnati più prossimi del regolo o giudice regnante. Quest’ultimo è sempre chiamato donnu (signore), e la di lui moglie donna (signora). Regolarmente poi si vede negli stessi diplomi, che le donne appellate donnicelle erano tuttavia nubili (innuptae), mentre i maschi, chiamati donnicelli, aveano talvolta moglie e figli, come fra gli altri l’illustre Gonnario di Lacon (poi Gonnario II di Torres), marito di Elena di Thori. Lo che indicherebbe, che presso gli antichi magnati sardi il donnicellatico era negli uomini qualificazione di stato politico, e nelle donne indicazione di semplice stato civile e familiare.
(4) L’uffizio di Curatore consisteva nell’amministrare certe determinate estensioni di territorio, popolate per lo più da agricoltori e da pastori, e sparse di villaggi, borgate e casolari. Queste estensioni territoriali erano perciò appellate curatorie. Tale denominazione sopravvisse al tramonto dei secoli barbari, e si trovava ancora nella corografia sarda nel primo quarto del presente secolo.
(5) Cioè gli altri parenti, che non intervennero all’atto. I presenti poco innanzi nominati, cioè i donnicelli Gonnario, Pietro, Marianno e Torchitorio, figurano eziandio come testi.
(6) I cittadini pisani presenti alla spedizione del diploma, e specialmente quelli che vi sono appresso nominati, rappresentavano probabilmente per l’accettazione il Comune di Pisa, e forse essi medesimi erano mercatanti.