Repertorio informatizzato delle fonti documentarie e letterarie della Sardegna

Repertorio informatizzato delle fonti documentarie e letterarie della Sardegna

Secolo XIV – XXX

XXX.

Il Comune di Sassari condanna nel capo Branca d’Oria, lo bandisce perpetuamente dal suo territorio, decreta la confisca dei di lui beni, e vieta a tutti i Sassaresi di contrarre vincoli matrimoniali, e di avere relazione qualunque co’ di lui figli, ordinando che se ne faccia sacramento dagli anziani, e dagli altri cittadini, nel Consiglio maggiore.

(1325, 17 marzo).

Dagli antichi Archivi della Città di Sassari (1).

Post multas deliberationes praesenti capitulo duximus ordinandum, quod aliqua persona de Sassaro, vel de districtu illius, non debeat, vel praesumat cum Branca Auria de Nurra (2), vel cum aliquo, vel aliqua ex filiis, vel filiabus suis, quocumque nomine censeantur, modo aliquo, vel ratione, tractare, aut complere matrimonium, aut aliter contractare; et ponatur in banno perpetuali de Sassaro, et de districtu, et bona sua comuni applicentur; et si aliquo tempore deveniat ad fortiam comunis, capitali sententia puniatur; et sit cuilibet licitum ipsum offendere impune in persona, et rebus. Et ad hoc ut praesens capitulum per homines Sassari melius debeat observari, omnes de consilio maiori, et alii jurare teneantur praesens capitulum.

(1) In un antico Memoriale, scritto in lingua spagnuola dal Licençiado Serra y Manca, cittadino sassarese, e stampato nel 1642, si fa menzione di questo decreto del Comune di Sassari contro Branca D’Oria, e vi si dice, (non sappiamo con qual fondamento), che il decreto medesimo fu rinnovato nel 1347 in odio dei genovesi.

(2) Il Branca D’Oria, di cui si parla nel presente documento, se non è il genero, e l’uccisore di Michele Zanche, ultimo regolo di Torres, (lo che per altro non sarebbe improbabile, essendo avvenuta tale uccisione nel 1275), né il suo prossimano, che il tradimento insieme con lui fece, come lasciò scritto Dante nella Divina Commedia (Infern. XXIII. vers. 129 e seg.), poiché quel prossimano, come notammo altrove (supr. pag. 511. not. 6.), fu probabilmente un Barisone D’Oria; potrebbe forse essere il Branca D’Oria mentovato in una carta del 23 dicembre 1287. (Ved. sopr. Diplom. e Carte del secolo XIII. pag. 402 e seg.), il quale, se in quell’anno non avea ancora raggiunto i quattordici, nel 1325, però era per toccare l’anno cinquantesimo di sua età e potea quindi aver figli, e discendenza. Questa conghiettura appare molto verisimile, se si pon mente alla circostanza, che il Branca D’Oria, cui si riferisce la suddetta carta del 1287, era figlio di Manuellino, nipote di Gavino, pronipote di Manuele, o Daniele, e abnepote di Andrea D’Oria genero di Barisone II re di Torres; che dai suoi maggiori, i quali assieme agli altri figli di Andrea D’Oria erano Domini de Nurra, come scrive il Fara (De Reb. Sard. Lib. II. pag. 226) egli avea ereditato beni e possessioni in quella vasta regione dell’antico Giudicato Turritano (ora di Sassari); e che il presente capitolo riguarda appunto un Branca Auria de Nurra. Quale poi sia stata la cagione del bando perpetuo, e della condanna capitale contenuta nel presente Decreto, non è facile indovinarlo in tanta distanza di tempi, e nella deficienza assoluta di memorie sincrone, le quali esistevano, e doveano di certo esistere nei copiosissimi archivi del Comune di Sassari, ma sgraziatamente andarono disperse in occasione del tumulto popolare del 1780. (Ved. sopr. pag. 513 not. 4). Però, in mancanza di dati positivi, ci arrischiamo a conghietturare, che il Branca D’Oria di Nurra sarà stato forse uno di quei cittadini potenti, i quali sostenevano in Sassari il partito genovese, che era quello della repubblica, ossia del reggimento libero, iniziatosi dopo la estinzione dei Giudici Turritani, e consolidatosi coll’alleanza del 1294 tra il Comune di Sassari, e quello di Genova; e ch’egli fu probabilmente una delle vittime fatte dal partito preponderante capitanato dal cittadino sassarese Guantino Catoni, il quale si avea in quel tempo recata in mano la somma delle cose pubbliche della sua patria, ed avea aperte, e condotte a termine le pratiche con Giacopo II. re di Aragona, affinché la città di Sassari fosse ricevuta come deditizia, mediante la concessione di molte immunità, e privilegi, e non corresse così la sorte degli altri luoghi dell’isola, al di cui conquisto, dopo la concessione e l’investitura ottenutane da Papa Bonifazio VIII, avea quel sovrano spedito un valido esercito sotto gli ordini dell’Infante Don Alfonso. Non affermiamo questo con certezza, ma ci pare, che sia molto probabile, e che possa trovare appoggio nella storia Sarda dei primi sei lustri del secolo XIV.