Insidie
Declinava un giorno d’autunno. L’ora e la stagione erano inspiratrici di pensieri malinconici. Faceva per soprassello un tempaccio nero nero, come suole soventi nel rompere delle stagioni. Le nuvole tempestose a mano a mano si condensavano su pel cielo sconvolto, e rendevano grave l’aria e il caldo opprimente.
Qualche rado spruzzo, spiovuto ad intervalli, era sicuro indizio dell’appressarsi della procella menata innanzi dagli sbuffi affuocati dello scirocco. In lontananza il minaccevole coacervarsi delle scompigliate onde marine, si accordava coi fischi acuti del vento, il tetro rompere della risacca lungo la spiaggia deserta, e la cupa romba del tuono. Non una vela appariva nell’orizzonte, non un viandante lunghesso le strade, che menano alla campagna. Soltanto i mesti rintocchi della campana della sera, or sì, or no, a guisa di funebre salmodia interrotta dalle lacrime, si udivano tra quelle mille voci della natura, lamentevoli e queruli.